Con il ritorno del lupo gli ungulati selvatici di interesse venatorio subiranno un collasso?
Non esistono ancora molti studi robusti in grado di documentare quale sia l’impatto reale del lupo sulle popolazioni preda; ciò principalmente perché, in sostanza, dal punto di vista tecnico non è facile ponderare in modo preciso le numerose variabili in gioco. Il rapporto preda-predatore si basa sulla “sostenibilità della risorsa”, la preda, nel tempo, elemento fondamentale per garantire l’esistenza della predatore, il lupo, in un dato territorio. Tale "sostenibilità" trova riscontro anche nella disponibilità numerica delle specie-preda, incentivando il lupo a predare la specie più abbondante. Se le prede non sono numericamente sufficienti a sostenere un branco, l’areale del branco si allarga per consentire uno sfruttamento nel tempo e nello spazio della risorsa.
In generale comunque si ritiene che nelle prime fasi del ritorno del lupo, in particolare con l’affermarsi di un nuovo branco in una zona dove la specie era assente da tanto tempo, l’impatto del canide su ungulati selvatici come cervo e capriolo (cinghiale e camoscio subiscono contraccolpi meno evidenti) possa essere significativo. Tale fenomeno è in parte legato al fatto che le prede non sono più abituate al predatore e non sono immediatamente in grado di adottare strategie difensive, quali ad esempio aumentare il grado di attenzione. Tuttavia, con il tempo, il grande carnivoro e le specie preda con le quali esso si è co-evoluto tendono a ripristinare l’equilibrio (un equilibrio in ogni caso dinamico, soggetto a fluttuazioni) che da sempre li ha contraddistinti. Soprattutto nelle fasi iniziali di ricolonizzazione del canide di un dato territorio, è importante che nella pianificazione faunistica/venatoria si tenga monitorato il fenomeno in atto, tarando i tassi di prelievo in modo tale da evitare una eccessiva pressione aggiuntiva da parte dell’uomo. Nel medio e lungo periodo, comunque, in ambiente alpino non si sono finora riscontrate particolari criticità nella convivenza tra il prelievo del lupo e quello umano a carico degli ungulati selvatici.
Costituisce un’eccezione il caso del muflone, specie alloctona (non originaria dell’ambiente alpino) e dal comportamento gregario, arrivata sulle Alpi a seguito di immissioni, spesso illegali, operate dell’uomo. Il muflone, in particolare se inserito in ambienti poco idonei dal punto di vista climatico e poco provvisti di zone rifugio scoscese, può subire pesantissime conseguenze - in qualche caso irreversibili in termini di consistenze e densità - dalle predazioni del lupo.