Entrata in Trentino dall’Engadina nel marzo del 2008, a più di un anno di distanza è rimasta in zona
La lince "svizzera" B132 documentata con un film nelle Dolomiti di Brenta
Il Servizio Foreste e fauna sta lavorando per una sua ricattura al fine di sostituirle il radiocollare ormai quasi esaurito
Gli uffici della Provincia ne erano al corrente: il 23 marzo 2008 un esemplare di lince eurasiatica (Lynx lynx), un giovane maschio di 24 chilogrammi, era entrato in territorio trentino attraverso l’Alta Val di Sole proveniente dall’Engadina svizzera. Un mese prima, il 22 febbraio sempre del 2008, la lince era stata catturata dagli operatori del Parco Nazionale Svizzero che l’avevano radiocollarata per meglio monitorarne gli spostamenti e le abitudini di vita. In Trentino, e precisamente in Val di Peio, era giunta scollinando il Passo della Sforzellina (3mila metri di quota, un’altitudine mai osservata per una lince e probabilmente la quota maggiore documentata sulle Alpi per il felino), per poi andare a stabilirsi – si pensava temporaneamente – in un territorio di 354 chilometri quadrati tra la Val Rendena, la Val di Sole, la Val di Non e la Valle dell’Adige. Insomma, il cosiddetto “home range”, la casa di riferimento della nostra lince B132 comprende il territorio delle nostre bellissime Dolomiti di Brenta!
Lo sconfinamento della lince in Trentino è stato immediatamente comunicato ai colleghi trentini dalle autorità svizzere e dagli operatori del Parco Nazionale Svizzero, con il quale già si erano presi contatti in precedenza, nell’ipotesi appunto di uno sconfinamento dell’animale in territorio trentino. Grazie al radiocollare la lince è stata costantemente sottoposta a monitoraggio da parte del Servizio Foreste e fauna, avvalendosi anche della collaborazione dell’Associazione Cacciatori Trentini, del Parco Nazionale dello Stelvio e del Parco naturale Adamello-Brenta.
Nelle prime settimane di permanenza nel territorio provinciale la lince ha percorso la sinistra orografica della Val di Sole, si è spinta fin nel territorio dell’Alta Val di Non con un momentaneo sconfinamento in Alto Adige nella zona di Lauregno-Proves. Quindi si è diretta decisamente verso Sud, arrivando nel territorio delle Dolomiti di Brenta, dove si è stabilizzata per tutto il 2008.
Quando cominciò a circolare la voce della presenza di una lince nel Trentino occidentale, qualcuno parlò addirittura di un presunto rilascio illegale, speculazioni queste completamente destituite di ogni fondamento e smentite dal monitoraggio radiotelemetrico attraverso il collare e dagli accertamenti genetici: la lince B132 è nata nel 2006 nella Svizzera nord-orientale, nel Cantone di San Gallo, dove un nuovo nucleo di linci si è stabilito a partire dal 2001, quando venne lanciato il cosiddetto Progetto Luno, che ha portato al rilascio di almeno 12 linci provenienti dalle Alpi Svizzere e dal Jura dove furono reintrodotte negli anni ‘70.
A fine 2008 la lince B132 era segnalata ancora in Trentino e precisamente nei boschi del Brenta orientale, a circa 200 chilometri in linea d’aria dai luoghi di nascita e li si trova tutt’oggi. E’, il suo, lo spostamento più lungo documentato sulle Alpi per questa specie.
Oggi, grazie anche all’eccezionale filmato dell’agente forestale Alberto Stoffella, la lince B132 può essere considerata quasi stabilmente “trentina”. Le è piaciuto, infatti, il territorio delle Dolomiti di Brenta, s’è trovata benissimo nelle foreste che fanno corona a occidente del Lago di Molveno e dell’abitato di Andalo, e che ospitano, come è noto, anche alcuni esemplari di orso. Certo, il radiocollare di cui è stata dotata nel febbraio del 2008 potrebbe “spegnersi” presto: “Si sta dunque lavorando per una ricattura – ci ha detto Claudio Groff, referente del Servizio Foreste e fauna, - per poterle sostituire il vecchio collare. Sarà un’impresa non facile ma opportuna per poterla monitorare anche in futuro, per poterne studiare le abitudini, gli eventuali incontri con esemplari della medesima specie (la presenza dei quali rimane sin’ora solo un’ipotesi), e per scoraggiare eventuali bracconieri. Ma a prescindere dall’eventuale ulteriore radiocollarizzazione la cosa più importante è continuare a rispettare la presenza di questo straordinario rappresentante dell’ecosistema alpino”.