Mercoledì, 28 Settembre 2005

Seconda giornata di lavori al Palacongressi di Riva del Garda

16° Conferenza internazionale sull'orso: la scommessa europea per la salvaguardia

Cinque regioni discutono per un Piano di azione comune

Italia, Spagna e Francia sono le nazioni europee attualmente impegnate al piano di reintroduzione dell’orso sul territorio nazionale. Alla finestra rimangano Austria e Svizzera, paesi interessati dalla presenza, stanziale o di passaggio, dei plantigradi che invece sono diffusi nelle nazioni dell’Est Europa. La reintroduzione dei plantigradi è dunque ancora l’argomento che catalizza l’attenzione degli esperti mondiali riuniti a Riva del Garda per la 16° “Conferenza internazionale sulla ricerca e sulla gestione delle popolazioni di orso”. Nella seconda giornata di lavori è stato il turno delle relazioni italiane, caratterizzate dall’esperienza trentina e dalla volontà di trovare una linea di azione comune. E sempre su questo tema, nel pomeriggio, a margine della conferenza, i rappresentanti di cinque regioni italiane (Province autonome di Trento e Bolzano, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia) si sono riuniti per portare avanti il progetto di un piano di azione comune sull’orso.

Nelle aree delle Alpi e dei Pirenei esistono comunità di orsi bruni per i quali sono in corso progetti di reintroduzione di nuovi esemplari per garantire la sopravvivenza della specie. Gli esperti europei hanno messo in comune a Riva del Garda le informazioni sulle rispettive esperienze così da consolidare, su basi scientifiche e sociali, i progetti in corso.
In questo contesto, i lavori della 16° edizione della “Conferenza internazionale sulla ricerca e la gestione delle popolazioni di orso” hanno ospitato le relazioni degli esperti italiani in materia di reintroduzione e salvaguardia dell’orso bruno. In particolare, Ermanno Cetto e Paola Comin, funzionari del Servizio foreste e fauna della Provincia autonoma di Trento, hanno presentato la relazione sulle modalità di intervento finalizzate alla attenuazione del conflitto tra orsi e uomo, mentre Piero Genovesi, tecnico dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica (Infs) di Bologna, ha presentato all’assemblea una proposta di linee guida per la reintroduzione dell’orso bruno in Europa. Infine, Filippo Zibordi, consulente del Parco naturale Adamello Brenta, ha fatto il punto della situazione sulla ricerca scientifica riferita alle conoscenze biologiche e alla accettazione sociale da parte delle popolazioni locali, coinvolte dal progetto di reintroduzione nelle Alpi Centrali (Life Ursus) del 1999.
Nella prima relazione, Cetto e Comin hanno inquadrato la situazione numerica e distributiva dell’orso bruno in provincia di Trento, evidenziato l’evoluzione seguita al progetto di reintroduzioni. Attualmente sono segnalati in Trentino dai 7 ai 9 esemplari di orsi bruni adulti, a cui si accompagnano 11 nuovi esemplari nati. Tra il 2002 e il 2005 sono state accertate 5 cucciolate, per un totale di 12 nascite (un piccolo è stato predato dall’aquila nel 2003). La presenza dell’orso interessa ormai l’intero Trentino occidentale, con “sconfinamenti” in Lombardia, Alto Adige, Austria e Svizzera. Nel 2003, un orso aveva fatto capolino nelle vallate bellunesi. “In Trentino – hanno spiegato i relatori Cetto e Comin – la colonia di orso portati dalla Slovenia ha dato vita ad una comunità che ha segnato una crescita che per certi versi ha superato le previsioni”.
Nelle loro relazioni, i funzionari della Provincia autonoma di Trento hanno illustrato le principali cause di conflitto (tensione) determinate dalla presenza sul territorio del plantigrado, distinguibili tra impatto con le risorse (danni materiali e ai patrimoni agricoli, zootecnici e apistici) e l’apprensione da parte della popolazione locale. La Provincia autonoma di Trento ha dato vita, parallelamente al progetto di reintroduzione dell’orso, a una serie articolata di interventi, quali il risarcimento totale del danno, il finanziamento di opere di prevenzione (attraverso un contributo che si aggira sul 90% del costo) e la formazione del personale. Nel 2004 sono stati registrati 46 danneggiamenti ascrivibili all’orso bruno per un importo complessivo di 13700 euro. Nell’anno in corso si è registrato un incremento dei danneggiamenti (più di 100 casi), con il raddoppio della spesa. Per quanto riguarda l’attività di prevenzione, oltre agli incentivi, la Provincia autonoma di Trento ha deciso di prevenire eventuali situazioni critiche mediante un’azione di supporto ai pastori e allevatori (fornendo recinzioni) e un’azione puntuale di assistenza e consulenza. A questo scopo è stato costituito il Nucleo speciale di reperibilità, collegato alla protezioni civile. Attualmente il nucleo conta 21 operatori (con formazione specifica) reperibili 24 ore su 24, attivabile attraverso il numero telefonico dedicato 3357705966. Nel 2004, il nucleo ha effettuato 19 interventi, mentre quest’anno l’attività conta già oltre 40 casi.
Se il numero di danneggiamenti è in crescita, occorre però ricordare che da un punto di vista numerico e quantitativo (spesa), in Trentino le specie animali che creano maggiori danni alle coltivazioni e agli insediamenti produttivi sono il cinghiale, il cervo e il capriolo.
“Nel corso di questi anni – ha spiegato Cetto – il servizio foreste e fauna della Provincia autonoma di Trento ha dato vita ad una campagna informativa che si è sviluppata attraverso serate, la distribuzione di materiale informativo, interventi sugli organi di informazione, informazioni rivolte alle categorie sociali (allevatori e apicoltori in particolare) e alle amministrazioni comunali”.
Agli esperti internazionali sono stati forniti i dati relativi al grado di accettazione della popolazione trentina, verificato attraverso l’indagine Doxa, basata su interviste telefoniche, del dicembre 2003. In caso di referendum sulla presenza dell’orso in Trentino, il 73 per cento degli intervistati si è detto favorevole, a fronte del 20 per cento di contrari e al 7 per cento di indecisi. L’orso – sempre secondo l’indagine Doxa – non pare preoccupare più di tanto i trentini (90,9 per cento): solo il 9,1 per cento della popolazione ha espresso (pur con livelli diversi) una certa preoccupazione. Quanto al gradimento le percentuali si dividono in 23,5 per cento (molto); 46 per cento (abbastanza), 17 per cento (poco); 9 per cento (nulla); 4,5 per cento di indecisi.
Nella sua relazione, Piero Genovesi (tecnico dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica di Bologna), ha presentato agli esperti internazionali la proposta di linee guida comuni per i progetti di reintroduzione e gestione dell’orso bruno. Si tratta di una proposta – ha spiegato Genovesi – che riassume il lavoro di equipe svolto da soggetti istituzionali ed accademici quali l’Istituto nazionale per la fauna selvatica, la Provincia autonoma di Trento, il Wwf Austria, l’Università di Zagabria, il Servizio forestale sloveno, il Parco naturale Adamello brenta e l’organizzazione francese Oncfsa: “Sulla base di esperienze comuni è possibile oggi definire i requisiti e le condizioni delle reintroduzioni: l’accettazione sociale del progetto, un’attenta pianificazione organizzativa e delle ricerche in campo biologico, l’analisi dei costi (elevati), la consapevolezza della possibilità di insuccesso e il raggiungimento di risultati sul lungo periodo. In ogni caso, è fondamentale verificare la dimensione umana, ovvero l’accettazione e il contesto sociale in cui il progetto va ad inserirsi”.
In Europa – è stato confermato - esistono situazioni dove i nuclei di orsi sono deboli e quindi potrebbero necessitare di interventi di sostegno. In particolare, le colonie di orso a rischio sono individuabili nei Monti Cantatrici (Spagna), Pirenei (versante francese), Italia centrale (Abruzzo) e Alpi.
“Le linee guida – ha concluso l’esperto dell’Infs - definiscono i principali aspetti da valutare e pianificare in vista di un’eventuale traslocazione. Esse includono la provenienza degli orsi fondatori, l’impatto potenziale sul nucleo originario (con il possibile indebolimento), il numero e la struttura del gruppo di rilascio, oltre ai metodi di cattura, trasporto e rilascio. Così come per la parte scientifica e biologica, è necessaria un’attenta gestione di possibili situazioni di conflitto, che devono necessariamente passare attraverso strategie di comunicazione e di verifica del grado di accettazione da parte della popolazione. Tutto questo è possibile solo attraverso la reale attività di collaborazione e di raccordo tra gli enti coinvolti nel progetto”.
Filippo Zibordi ha portato l’esperienza diretta del Parco naturale Adamello Brenta, attraverso lo studio degli spostamenti effettuali dagli animali e registrati attraverso la radiotelemetria, delle abitudini alimentari (con le analisi delle feci), oltre all’attività di comunicazione e informazione portata avanti in questi anni: “Le nuove tecnologie permettono infatti di verificare la posizione degli animali rispetto, ad esempio, a quanto previsto nello studio di fattibilità.
La 16° edizione della “Conferenza internazionale sulla ricerca e la gestione delle popolazioni di orso” è stata l’occasione per una riunione tra i responsabili delle Province autonome di Trento e Bolzano, la Regione Lombardia, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, il ministero dell’Ambiente e l’Istituto nazionale per la fauna selvatica (Infs). Gli enti stanno portando avanti un’azione di raccordo interregionale, sulla base del protocollo d’intenti sottoscritto lo scorso anno, per la gestione. “L’obiettivo – ha spiegato Claudio Groff, funzionario del Servizio foreste e fauna della Provincia autonoma di Trento – è di arrivare ad un vero e proprio piano di azione comune. Nelle riunione di oggi si è discusso circa l’opportunità di estendere le analisi genetiche all’intero alpino italiano così da garantire un completo monitoraggio dell’orso”.

Comunicato 2511

ORSO