MORTALITA' E MINACCE
Cause di mortalità nel lupo e minacce per la specie
In Italia si stima che il 15-20% dei lupi annualmente rimane vittima di mortalità di origine antropica (Boitani et al., 2003), sebbene questo valore possa variare in funzione di molteplici fattori e in molti casi possa risultare addirittura sottostimato, per la difficoltà di rinvenimento delle carcasse.
Da studi recenti, è emerso che solo una piccola percentuale dei decessi registrati (intorno al 6% del totale campionato) è riconducibile a cause naturali, mentre gli incidenti stradali (53%) ed il bracconaggio (32%) rappresentano le prime cause di morte (Lovari et al., 2007; Quinto et al., 2017).
Tuttavia queste percentuali sono difficilmente rappresentative, in quanto è molto più probabile rinvenire una carcassa lungo la strada piuttosto che in un bosco: quindi sia il bracconaggio che le morti naturali potrebbero avere un’incidenza maggiore, sebbene dietro agli stessi investimenti si possano nascondere episodi di avvelenamento che debilitano i lupi esponendoli maggiormente al rischio di incidenti.
Per quanto riguarda il Trentino, fino ad oggi si registra solo un caso, l'investimento di un lupo, proveniente dalla Lessinia, che è stato investito in Valsugana nel 2016.
Un’altra minaccia per la specie è rappresentata dall’ibridazione tra lupo e cane domestico. Il lupo è il progenitore selvatico del cane, che attualmente viene quindi considerato una sottospecie domestica del lupo (Canis lupus familiaris), (Wilson e Reeder 1993). Si stima che l’origine della forma domestica, il cane appunto, risalga a 15.000 anni fa. Lupi e cani sono tra loro interfecondi, sono cioè capaci di incrociarsi generando prole ibrida feconda.
La presenza di ibridi lupo-cane in Europa è un fenomeno di recente analisi e valutazione, in quanto è stato considerato un fenomeno abbastanza raro, mentre in Appennino sono stati recentemente documentati numerosi casi, grazie alle moderne tecniche genetiche (Ciucci, 2012).
Fortunatamente sulle Alpi il fenomeno sembra ancora assente ed in Trentino ancora non se ne ha evidenza; ciò sicuramente è legato al fatto che sulle Alpi i cani randagi o ferali sono pressoché assenti, diversamente dal contesto appenninico dove sono assai numerosi (soprattutto nel centro-sud).